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venerdì 15 marzo 2013

Educazione, giochi, ludicità nei primi anni di vita

Chi educa non ha il ruolo d'insegnare a giocare, neanche al bambino più piccolo. Risulta inutile, vacuo, se non assurdo e paradossale che l'adulto tenti di indicare come esprimere il proprio genius ludi a chi già lo vive nella sua pienezza.
Il bisogno di giocare è insito nell'essenza umana. Per questo risulterà inutile ogni tentativo di rinvenire uno scopo estraneo all'attività ludica stessa. Essa è autotelica perchè ha il proprio fine in sè: muove dall'essere e ritorna all'essere. Senza la consapevolezza di ciò l'educatore cerca di porre un preciso obiettivo a qualsiasi azione di gioco. Non sono il tempo o il luogo, nè una forma di gioco o un'altra a proporre il gioco stesso quale efficace tramite educativo, bensì la modalità vitale - unica, personale, sempre diversa - con la quale il bambino parteciperà ai giochi.
Sarà così più agevole rispettare l'infanzia, tenendo in considerazione come liberamente l'attività ludica agisca in essa quale stimolo del processo formativo.
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I giochi dell'infanzia di caratterizzano per una totale mancanza di riferimenti temporali o spaziali: i bambini giocano in qualunque luogo e in qualsiasi momento della giornata. Non hanno particolari esigenze per poter agire ludicamente.
Al contrario, chi vuole instaurare con i bambini un rapporto educativo attraverso il gioco spesso si muove alla ricerca di questi espedienti, tentando di cogliere i desideri o i gusti del banìmbino per non sbagliare come accostarsi a un'età considerata un pò oscura. I bambini, invece, possiedono capacità di adattamento o duttilità rispetto a qualunque gioco o giocattolo. Quanto bisognerebbe cercare di comprendere è la modalità con la quale ogni bambino vive l'attività ludica in quel momento specifico della sua formazione e della sua esistenza, e non la tipologia del gioco. Per poter efficacemente operare questa comprensione sono necessari pure i sentimenti, di simpatia ed empatia ad esempio.Simpatia per il gioco, empatia con l'infanzia: saranno sufficienti al fine di un rapporto educativo adulto-bambino instaurato per il tramite dell'attività ludica? La radice etimologica che accomuna i due termini è pathos. Sim-patia sembra indicare un pathos che si vive "con"; em-patia un pathos che si vive "dentro". Ilpathos: capacità di sentire nella propria essenza, di partecipare il rapporto con l'altro movendo dal proprio fondamento umano ed incontrando quello altrui. di commuoversi ed emozionarsi, facendo filtrare dentro di sè la fenomenicità della espressioni dell'umano. Quando c'è il gioco, vi è anche pathos: il genius ludi se ne alimenta nell'incontro gioioso e giocoso. Quando c'è l'educazione, vi è anche pathos: l'incontro dell'io con il tu - come dice M. Buber - inevitabilmente se ne alimenta. Allora, sembra che la modalità empatica della relazione educativa rinvenga dìnelle situazioni di gioco uno dei luoghi privilegiati ove esprimersi. Tuttavia, non si può dimenticare la simpatia per il gioco, ovvero il fatto che entrambi gli interlocutori del rapporto educativo siano in grado di attingere alla sorgiva del proprio genius ludi. Simpatia per il gioco ed empatia con l'infanzia, e fors'anche il contrario: elementi fondamentali nella ralazione educativa.

                                                                                                                                               Anna Kaiser

Dal bimestrale "Pedagogia e vita" serie 63: "educare i bambini" numero 6 novembre-dicembre 2005

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